sabato 11 giugno 2011

Chiusura della campagna referendaria: intervento per il “sì” sul quesito in materia di energia nucleare.

Questo report ci è stato gentilmente concesso dal blog "La Vita-Media del Quarkonio" e dal suo autore Giovanni Marco Pruna (iglesiente Dottore di ricerca in Fisica Delle Alte Energie) che è intervenuto ieri sera sul quesito in materia di energia nucleare, durante l'evento "Per il Quorum, con Cuorum" per la chiusura della campagna referendaria per i 4 SI.

Ecco il link del blog: http://adamarras.it/quarkonio/




Incipit
Salve a tutti.
Innanzitutto desidero ringraziare gli organizzatori e promotori di quest’evento in chiusura della campagna referendaria, per avermi dato l’opportunità di salire sul palco oggi ed ottemperare a questo facilissimo compito.
Facilissimo perché non ho bisogno di convincervi sulla necessità di votare “sì” al referendum abrogativo in materia di nucleare: come sardi ci siamo già espressi con un meraviglioso 98% al consultivo di Maggio, quindi il mio compito si riduce a convincervi della necessità di tornare alle urne e votare nuovamente per l’abrogazione del “nucleare”, sapendo che tutti noi abbiamo chiara l’unica indicazione di voto possibile al riguardo.
Per questo, oggi, non vi annoierò con i motivi per cui non vogliamo il nucleare, visto che tutti li conosciamo benissimo,  parlerò di catastrofi o disastri che comunque non ci saranno.
Quello di cui parlerò è di quello che succederà dopo l’abbandono del nucleare, cioè le vie di percorrenza possibili in materia di politiche energetiche.
Global warming
In prima istanza, devo fare alcune precisazioni sui motivi che ci spingono a rivedere la nostra politica energetica attuale, visto che anche recentemente vi sono stati interventi pubblici di alcuni colleghi (che pure stimo) che hanno buttato (ahimè) un po’ di fumo negli occhi ai cittadini.
Vi è il problema del “global warming” (riscaldamento globale) [1]: è internazionalmente riconosciuto sia scientificamente che politicamente, e mentre qualche decade fa i “negazionisti” erano la stragrande maggioranza, l’accumulo di prove che possiamo sfoggiare sull’argomento oggigiorno sembra indirizzarci verso la considerazione che l’agire dell’uomo nei vari processi di produzione energetica hanno creato un impatto ambientale di notevole portata.
Per quanto riguarda l’emissione di gas serra, tutti sappiamo che il principale contributo viene dal vapore acqueo, e nessuno scienziato è così sciocco dal ritenere che l’anidride carbonica giochi un ruolo diretto fondamentale. Ciò che gli scienziati sostengono (a ragione), è che le emissioni continuative di una (anche minima) quantità di anidride carbonica, abbiano saturato la capacità degli oceani di assorbirla, alterando il ciclo di assorbimento-emissione dell’anidride carbonica, e di questo vi è evidenza scientifica. Il progressivo accumularsi di un gas-serra che, seppure in minime quantità, non può più essere assorbito dagli oceani, sta attualmente producendo uno spostamento dell’equilibrio termodinamico del pianeta che prende il nome di “transizione di fase”.
Il pericolo è che lo spostamento dall’equilibrio possa essere irreversibile e che questo produca una cosiddetta “transizione di fase catastrofica” che possa mettere a rischio l’ecosistema e la vita sulla Terra per come li conosciamo.
Questa precisazione è doverosa affinché non passi il messaggio che gli scienziati di tutto il mondo siano in preda ad una febbre delirante e mettano in allarme i cittadini solo per atti di terrorismo fini a se stessi.
Detto questo, la transizione a forme produttive di energia eco-compatibili diventa, in questo scenario, obbligatoria.
È una strada stretta, obbligata, e va percorsa rispettando certe condizioni.
Caso tedesco: la strategia di transizione
Un po’ di storia: dal 1998 (insediamento dei Verdi in buona percentuale), il governo stabilì una politica di decrescita nucleare basata sulla limitazione dei tempi operativi delle centrali esistenti. Contemporaneamente fu avviato un gigantesco investimento sulle fonti rinnovabili – tutt’ora la Germania è leader mondiale nel mercato dell’eolico e del solare. Parliamo, al 2010, di un’installazione sul territorio di 24 gigaWatts (GW) di capacità di produzione eolica e più di 10 GW di fotovoltaico – assieme ad un sistema di tariffe energetiche innovativo. La creazione di 370000 posti di lavoro (!!!) [2] è il risultato di tale politica, ed altri sono attesi in futuro.
Con l’ascesa del Cento-Destra e l’uscita dei Verdi dalla coalizione, Il Governo Merkel ha tentato prima di rallentare il processo di “uscita dal nucleare”, poi di fare a pezzi il sistema tariffario che aveva permesso l’esplosione dell’industria rinnovabile – anche se, è giusto precisare, non ci fu mai alcuna proposta di un eventuale nuovo programma nucleare.
Dopo Fukushima, però, tutto è cambiato: la Germania decide di uscire dal nucleare entro il 2020 (più 3 anni), nonostante i 17 reattori attualmente esistenti producano il 26% circa del fabbisogno elettrico tedesco.
Come?!
Il ministro dell’ambiente tedesco, Rottgen, ha affermato [3] che la transizione è possibile solo se “vi sarà un globale investimento in materia energetica: dal trasporto alla conservazione, vi sarà da investire in una tecnologia inizialmente costosa, che avrà un tornaconto sicuro, ma su lunghe scale di tempi.”
Qual è il primo investimento? Il ministro continua: “bisogna concentrare le energie sull’aumento dell’efficienza delle abitazioni. Attualmente lo stanziamento di 460 milioni di euro dedicato all’edilizia è insufficiente e dev’essere rinforzato.”
Questo confuta le teorie di chi sostiene che le politiche eco-sostenibili allontanino i soldi dall’edilizia: piuttosto allontanano i soldi dalle lobby dell’edilizia
Il secondo passo, invece, è quello di “espandere le strutture produttive delle energie rinnovabili e contemporaneamente incentivare la ricerca sull’efficienza delle stesse: oggi possiamo già contare su installazioni di turbine molto più potenti delle precedenti, e dalle installazioni sul Baltico.”
Non è necessario quindi, come sostengono alcuni critici, ricoprire tutto il territorio di pannelli e pale con grandi impatti ambientali.
In poche parole: la Germania parte da un’attuale 17% di produzione basata su rinnovabili, e l’obiettivo è quello di andare per scaloni: 35% nel 2020, 50% nel 2030, 65% nel 2040 e 80% nel 2050 [4].
Nell’immediato, sono previste inoltre (oltre all’idroelettrico) nuove installazioni per la geotermia, la biomassa ed il biogas (per via dei più rapidi tempi di costruzione delle centrali: 3-5 anni).
Contemporaneamente, è previsto un aumento dell’efficienza globale che tagli i consumi primari al 50% entro il 2050, con un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 40% entro i prossimi 9 anni (2020).
Al di là delle specifiche proposte, il Wall Street Journal [5] nota come “l’ultimo rapporto tedesco delinei un nuovo approccio alla politica energetica, cessando il dibattito sulla liceità di una transizione post-nucleare e avviando il dibattito sulla velocità e sui costi di tale transizione.”
Caso italiano
La tecnologia non è un problema, come abbiamo visto, e come sostengono le maggiori agenzie internazionali sull’energia: le stime più conservative arrivano dall’IEA (International Energy Agency), che sostiene la fattibilità di una copertura mondiale del 75% entro il 2050 da fonti rinnovabili [6].
Il vero problema è politico e sulle risorse che la politica è disposta a dedicare alla politica energetica eco-sostenibile piuttosto che alle speculazioni energetiche.
Il capitolo sul caso italiano quindi resta aperto: lo dobbiamo ancora scrivere.
Ma per darci questa possibilità, è necessario che domenica si vada tutti a riempire i seggi, votando, come sapete meglio di me, “sì” per dire no al programma nucleare del Governo.
Grazie.
[1] Niente di meglio della pagina Wiki, per chiarire in modo semplice il ruolo dell’emissioni di anidride carbonica nel processo di riscaldamento globale.
[2] Sito del ministero dell’ambiente tedesco.
[3] “How Angela Merkel became Germany’s unlikely green energy champion”, articolo del 9 Maggio comparso sul Guardian.
[4] Piano energetico 2010 del ministero dell’ambiente tedesco.
[5] “Germany Plans Faster Nuclear Exit”, articolo del 12 Aprile comparso sul WSJ.
[6] IEA (2010), “Scenari e strategie fino al 2050″.

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